di TOMMASO VERGA
«A SEGUITO DEL CASO di infezione da Covid-19 verificatosi in Comune – notizia appresa alle ore 23.30 nella giornata di ieri – (ossia martedì 9 giugno, ndr), poiché da una ricostruzione fatta nella mattinata di oggi dei rapporti intrattenuti dal soggetto positivo, risulta che lo stesso abbia avuto dei contatti con un dipendente dell’Area I-Servizi demografici- ed a cascata, dei contatti di quest’ultimo con gli altri uffici anagrafici», si conclude per «l’immediata chiusura dei servizi a sportello delle sedi dei Servizi anagrafici, elettorale e di stato civile di Guidonia, Villanova, Villalba, Tiburtino, Montecelio e Urp».
Così la lettera di mercoledì 10 giugno a firma dei responsabili dell’Area I del Comune di Guidonia Montecelio. Lettera indirizzata ai dipendenti dell’ente. Che, a loro volta, lo stesso giorno, attraverso Eugenio Carloni, il coordinatore della Rsu (la Rappresentanza sindacale unitaria), chiedevano al sindaco, alla segretaria generale, all’assessore al Personale, a tutti i dirigenti e alla Asl Rm5, «di porre in essere ogni procedura prevista dai protocolli regionali e nazionali, dalla chiusura delle sedi a rischio al tempestivo controllo medico dei lavoratori che hanno svolto e svolgono il loro servizio presso gli uffici comunali, partendo dalle persone che sono state a stretto contatto con la persona risultata positiva». In aggiunta, Carloni richiamava «a una più accurata e costante sanificazione dei luoghi di lavoro», per la quale «dal ministero dell’Interno sono stati stanziati 45.000 euro».
Sintetizzando, nella mattinata di martedì – sulla nota della Rsu il protocollo segna le ore 12.25.31 – il sindaco e il suo staff sapevano perfettamente del rischio-contagio al quale andavano incontro i lavoratori e i cittadini in transito nel municipio (il martedì oltretutto è giorno di rientro pomeridiano, come il giovedì). Lo sapevano, ma non l’hanno condiviso con nessuno, nonostante la gravità dell’argomento. Ci si chiede cosa ci fosse di così segreto, misterioso, impenetrabile, nelle stanze e nei corridoi del palazzo di città, da tenere tutto avvolto nel massimo riserbo.
Cosicché, in conseguenza di un comportamento imperscrutabile, il Palazzo non è stato interdetto da ieri mattina. Come avrebbe dettato il buonsenso, la logica e il protocollo relativo al Covid-19. Che quindi non è stato applicato immediatamente dopo la telefonata di Giorgio Santonocito, direttore generale della Rm5, a Michel Barbet, sindaco di Guidonia Montecelio, nel quale si confermava la positività al Covid-19 dell’agente della polizia locale. Sindaco che avrebbe dovuto immediatamente serrare le porte del Palazzo quale misura precauzionale da possibili contagi.
Un problema che paradossalmente confermano gli atti successivi, la decisione di cessare le attività «a posteriori». Se non si correvano rischi – come è stato detto dall’entourage di Barbet – non si comprende il perché del ricorso allo stop in una fascia oraria successiva. In sostanza, ieri il Comune ha funzionato normalmente.
Unica cosa certa è che il «cerchio magico» made in Barbet avrà accuratamente evitato di informare dei rischi che si correvano gli ospiti – pochi, tanti, chissà – accorsi dalle cave di travertino nel Palazzo, attratti dal richiamo «polizze fideiussorie» sull’escavazione, all’ordine del giorno della riunione riservata a parte dei cavatori. Un appuntamento per habitué, unica e sola attività che da mesi interessa la giunta ex 5stelle e il Consiglio comunale.
Per la cronaca, nove gli affetti da coronavirus annunciati dal sindaco. Un inatteso focolaio che racchiude un «caso» decisamente particolare, visto che investe una intera famiglia. Nella quale è compresa una dipendente del Comune, una vigilessa per l’esattezza, il cui genitore è ricoverato al «San Raffale», alla Pisana, nosocomio «pietra dello scandalo» del riacutizzarsi del numero dei contagiati a Roma (e non solo; potrebbe essere interessata anche Rieti).