di TOMMASO VERGA
COME GIA’ PUBBLICATO NELL’ARTICOLO dell’11 agosto – Quelle «particolari» acque vendute per minerali che minerali non si possono definire –, la subconcessione per lo sfruttamento dell’uso terapeutico delle acque minerali “Acque Albule” già nel 2001 è stata rinnovata in favore dell’omonima società dal Comune di Tivoli, sulla base della attestazione da parte della società stessa dell’essere le quattro piscine alimentate con acqua “minerale sulfurea”.
Ma la circostanza non corrispondeva (e tuttora non corrisponde) al vero fin dal 1984, in conseguenza di decreto di declassamento del presidente della Regione Lazio, così come ha confermato la stessa dirigenza della «spa Acque Albule», ammettendo che i controlli della qualità delle acque che alimentano le piscine vengono eseguiti in conformità di quanto previsto dal DPR 470/82 per le comuni acque destinate alla balneazione.
Ci si chiedeva cosa fosse accaduto per l’ulteriore rinnovo (fino al 2031) della subconcessione da parte del Comune di Tivoli.
Nel frattempo era entrata in vigore la direttiva europea 2006/123/CE, attuata in Italia con decreto legislativo 26.03.2010 n. 59, per la tutela della libera concorrenza nei servizi, assolutamente incompatibile con l’esclusiva monopolistica dell’utilizzazione delle acque minerali concessa al Comune di Tivoli e da questo alla «spa Acque Albule».
Tuttavia, con l’art. 1 comma 1094 della L. 205/2017, avente efficacia retroattiva, in quanto interpretativa dell’art. 1 del predetto D.Lgs 59/2010, evidentemente in considerazione delle finalità sanitarie-terapeutiche dei servizi attinenti alle acque minerali/termali, per i quali l’art. 22 aveva previsto possibilità di deroghe, per consentire «il raggiungimento degli specifici obiettivi connessi all’attività di assistenza e cura in ambito termale», si stabiliva che le disposizioni dello stesso Dlgs non si applicassero «al rilascio e al rinnovo delle concessioni per l’utilizzazione delle acque minerali e termali destinate all’esercizio di azienda termale, (…) qualora il fatturato della stessa azienda, riferibile alle prestazioni termali e alle piscine termali, (…) sia stato prevalente, nei due anni precedenti l’istanza di rilascio o di rinnovo».
Non si sa, allo stato, se la subconcessione del 2000 fosse in regola con tali parametri.
E’ assolutamente certo, al contrario, che il rinnovo della subconcessione mineraria attuato con deliberazione del Consiglio comunale di Tivoli n. 36/2018, non sia conforme alla normativa europea.
Il problema è stato esplicitamente posto dal sindaco Proietti nel presentare il testo della deliberazione all’approvazione del consiglio, con la trascrizione integrale a p. 3 del predetto art. 1, comma 1094 della L. 205/2017 e con il richiamo (p. 4) alla istanza di rinnovo presentata dalla «spa Acque Albule» “corredata della prescritta certificazione rilasciata dai soggetti abilitati per legge alla revisione contabile della società”.
Per la verità, alcuni consiglieri (pp. 8 e 9) avevano lamentato la mancata trasmissione, tra l’altro, della predetta certificazione dei revisori dei conti e del parere dell’Avvocatura generale (che peraltro sembra aver esaminato soltanto lo schema di deliberazione).
Spinti da ovvia curiosità, si è andati ad esaminare tale parere dei revisori (Francesca Tripodi, Aldo Campeti, Fabrizio Mancini), i quali il 04.07.2018, premesso di aver ricevuto incarico dalla predetta società di certificare, relativamente agli esercizi 2016 e 2017, la prevalenza dei ricavi dei ricavi termali, comprese le piscine, sui ricavi totali e precisato, in riferimento all’art. 1, comma 1094, L. 205/17, che il riferimento doveva intendersi “alle prestazioni termali ed alle piscine termali”, hanno riportato i seguenti dati contabili:
Pertanto i revisori certificavano che “la società esercita effettivamente attività termale e di piscine termali in senso assolutamente prevalente, ai sensi dell’art. 1, comma 1096, della L. 205/2017”.
Andando nel dettaglio dello schema, tuttavia, emerge che tra i ricavi termali, oltre a “ricavi termali fattura ASL, ricavi ticket termali e ricavi prestazioni termali” ed a voci strane quali “estetici, laser, fototerapia, psicoterapia”, sono stati inseriti anche quelli relativi a “PISCINE”, peraltro prive dell’aggettivazione “termali”.
Ci può anche stare che i revisori contabili, non sapessero che fin dal 1984, come da decreto del presidente della Regione Lazio, le piscine non fossero più “termali” e come tali soggette soltanto ai controlli per le comuni acque destinate alla balneazione.
Ma certamente ne erano consapevoli gli amministratori della «spa Acque Albule» ed ancor più il Comune di Tivoli, che all’epoca era azionista unico, senza considerare il clamore e le accese polemiche pubbliche conseguenti a tale declassamento.
Detraendo i ricavi relativi alle piscine (€ 831.911,39 per il 2016 ed € 970.889,87 per il 2017) dai ricavi termali, gli stessi si riducono rispettivamente a € 3.806.252,68 ed a € 3.686.120,80, in misura quindi palesemente inferiori alla metà di quelli totali.
Ogni ulteriore commento appare superfluo. A prescindere da responsabilità personali, risulta comunque documentalmente certa la violazione della normativa richiamata e l’illegittimità della subconcessione.
Un’ultima curiosità: a p. 11 della delibera, il sindaco Proietti, riferendosi evidentemente alla situazione dei laghetti, ha dichiarato che ”le polle sorgive, trovandosi in proprietà private, non hanno bisogno di sub-concessione per esercitare la loro attività di balneazione”.
Bene, ne siamo tutti convinti, ma perché non prova a convincere gli amministratori della «spa Acque Albule», di cui il Comune di Tivoli che egli rappresenta, è azionista di maggioranza, evitando di ingolfare gli uffici giudiziari con cause pretestuose e di fare imbufalire i cittadini da lui amministrati?