di TOMMASO VERGA
DOPO LA PUBBLICAZIONE della sentenza del tribunale di Tivoli che ha visto vincente Bartolomeo Terranova, imponendo la cessazione della balneazione e dell’uso “abusivo” delle acque dei laghetti del “Barco”, la conflittualità tra le parti è proseguita, oltre che con la proposizione dell’appello, con denunce presentate dai gestori dei laghetti del “Barco” alla procura della Repubblica di Tivoli nei confronti degli amministratori della «spa Acque Albule» per pubblicità ingannevole (in quanto l’acqua utilizzata per le piscine fin dal 1984 con provvedimento regionale è stata declassata da termale a comune acqua di balneazione (tipo il mare, i fiumi ed i laghi) ed anzi nemmeno a quella, come poi si è scoperto, trovando applicazione la normativa per le piscine con acqua disinfettata).
Si è poi scoperto che la subconcessione rinnovata nel 2018 dal Comune di Tivoli alla predetta società è illegittima, per contrasto con la normativa europea antimonopolio, in quanto fondata su una attestazione palesemente non veritiera e cioè su un fatturato complessivo prevalente della società stessa per prestazioni termali e piscine “termali”, quando è assolutamente certo che fin dal 1984, come il Comune di Tivoli azionista unico nel 1984 ben sapeva, l’acqua delle piscine termale non è, e che il fatturato relativo all’attività di balneazione deve essere detratto, così diventando il fatturato complessivo per prestazioni termali notevolmente subvalente: per tale fatto è stata presentata una denuncia integrativa alla Procura di Tivoli.
Il sindaco Proietti, mostrandosi sorpreso da tali eventi, ha rilasciato un’intervista prima affermando di non essere stato a conoscenza del difetto di termalità delle piscine della «spa Acque Albule», poi ammettendo invece di averlo saputo dagli amministratori di quest’ultima.
Scottato da tale contraddittoria esperienza, si è astenuto da ulteriori interviste e non ha reagito in alcun modo alla pubblica denuncia del fatto che la subconcessione rilasciata dalla sua amministrazione nel 2018 alla «spa Acque Albule» fosse illegittima, in quanto fondata su attestazioni risultate non corrispondenti alla reale ed attuale situazione.
Sarebbe stato ovvio, in una simile frangente, un’immediata reazione dell’amministrazione, i cui pubblici interessi sono stati ovviamente ed oggettivamente danneggiati, per essere stata indotta in errore, consentendo la prosecuzione di un monopolio assolutamente illegittimo: in autotutela, la subconcessione avrebbe dovuto essere immediatamente revocata.
E invece nulla: forse l’amministrazione tiburtina ignora di avere simili poteri?
Anche per le denunce, allo stato, tutto tace; d’altra parte c’è il Covid-19 e l’amministrazione della giustizia ha i suoi problemi. Anche per gli appelli se ne riparlerà il prossimo anno.
Terranova invece non tace ed è passato all’attacco, chiedendo al Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Tivoli che si proceda urgentemente, con ufficiale giudiziario e forza pubblica, alla cessazione negli invasi dei laghetti del “Barco” dell’attività di balneazione e comunque di qualunque altra attività che comporti lo sfruttamento abusivo delle acque che affiorano in superficie, in concorrenza con quella della «spa Acque Albule» come prevista nella subconcessione.
A prescindere dal fatto che tale provvedimento prevede l’uso termale e terapeutico anche per le piscine e che certamente tale non è l’uso che ne fanno i laghetti del “Barco” (a prescindere dal fatto che neppure le piscine terranoviane sono termali), sarà interessante comprendere quali siano le altre attività comportanti lo sfruttamento “abusivo”, oltre all’attuazione tecnica del divieto: si metterà un tappo?
L’udienza è stata fissata a breve (considerati i tempi attuali della Giustizia) per il 28 dicembre 2020, in pieno periodo invernale/natalizio: fa venire i brividi pensando alle piscine… non termali.
Ufficiali giudiziari e forza pubblica: Terranova pronto a chiudere «i laghetti del Barco»
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