di GIULIANO GIRLANDO
PIOVE SUL bagnato. L’acquazzone della notte scorsa ha nuovamente allagato Ponte Lucano. A memoria, è la prima volta che la responsabilità va addebitata alla pioggia, per quanto intensa e prolungata. La causa più certa, almeno nella casistica, è sempre coincisa con l’apertura della diga del “bacino San Giovanni”, necessità assoluta per evitare che l’Aniene esondasse nel centro di Tivoli. La relazione tra causa ed effetto porta a concludere che le decisioni delle pubbliche amministrazione (in accoppiata Guidonia Montecelio e Tivoli) e dell’uomo abbiano apportato modifiche “naturali”, a principiare dall’innalzamento del letto del fiume.
Ponte Lucano, l’Aniene, i Plauzi, sono stati al centro della partecipata assemblea, indetta il 12 febbraio dal comitato di quartiere di Villa Adriana presieduto da Nello Paolacci, ex consigliere comunale del Pci-Pds-Ds-Pd. Dei diversi temi interessanti la borgata, la proposta iniziale era quella di parlare della viabilità e della relativa segnaletica, rinviando ad altro momento i restanti argomenti. Non è andata così, a causa degli interventi, tutti argomentati, spesso a voce alta, quasi esclusivamente interessati alla “questione muro” di cinta del monumento. Tema riportato in auge dalla decisione del sindaco di Tivoli Giuseppe Proietti di predisporre un’alberatura atta a nascondere lo scempio che da oltre un decennio ha sepolto il Sepolcro.
La riunione del 2005 per abbattere il ‘muro della vergogna’
è stata utilizzata per stabilire l’inevitabilità della costruzione
Presente Marco Vincenzi, Pd, neo presidente della commissione Bilancio della Regione Lazio, ma soprattutto, nella circostanza, di residente a Villa Adriana. Ruolo rapidamente messo da parte a favore della “spiegazione” su genesi, storia e responsabilità relative alla messa in opera e permanenza del “muro della vergogna”, includendo l’esortazione all’attuale primo cittadino di far intervenire l’Ales spa (Arte, lavoro e servizi per la tutela del patrimonio culturale italiano), della quale Giuseppe Proietti è presidente, società in house del Mibact (ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo). Una sollecitazione non relativa se sfrondata dal tono e dal sapore polemici.
Tutta fondata sul “io non c’entro… (Marco Vincenzi eletto nel 1999 sindaco di Tivoli è stato confermato nel secondo mandato, ndr), l’amministrazione comunale non c’entra” la restante parte della narrazione. E’ seguita quindi l’illustrazione del “protocollo 2005”, pagina per pagina, il documento redatto presso il ministero dei Beni culturali che in quell’anno, a suo dire, definitivamente sanciva l’intangibilità del muro. La cui origine va assegnata al ministero dei Lavori pubblici, provveditorato del Lazio. Rilevante omissione: l’incontro avvenne perché Nicola Bono, il sottosegretario dell’epoca, accolse le richieste delle associazioni protezioniste. Nelle premesse, esso doveva servire ad analizzare le possibilità di abbattere la cintura di calcestruzzo. Infatti, grammatica a parte, nel verbale si legge, testualmente: “Nel 2004 a lavori avviati dall’Ardis per la realizzazione del muro (…) scatenarono vivaci proteste da parte delle associazioni ambientaliste e culturali (…), che alla fine riescono a ad interessare il ministero (…) il quale decide di istituire un ‘tavolo tecnico’ (…) con l’obiettivo di individuare possibili soluzioni (…) per una più adeguata fruizione del bene archeologico (…) seriamente compromesso agli interventi posti in essere”. Quindi, i reggitori della “cosa pubblica” dovrebbero spiegare perché sostennero – e sostengono tuttora – che quel protocollo sanciva l’ineluttabilità della costruzione del muro. A cominciare dalla Regione Lazio. E dal governo di Tivoli. Che poteva e doveva intervenire.
Non un atto dell’amministrazione cittadina
che esprimesse contrarietà o disagio
Invece non risulta atto, non uno, dell’”intromissione” dell’amministrazione cittadina. E’ vero che il provveditorato alle Opere pubbliche decise, autonomamente come prevedeva l’abrogata legge del 1939, ma le autorità locali non furono sfiorate da contrarietà e nemmeno dalla necessità di un confronto. Quanto meno per porre il quesito se il muro costituiva o meno “variante” di Prg, se si profilasse o meno un cambio della destinazione d’uso (modifica avvenuta nei fatti: il Sepolcro non si può visitare). Non è la stessa cosa, ma il “palazzone” dell’Enel costruito sulle rive dell’Aniene nei pressi della stazione ferroviaria venne discusso e approvato da una delibera del Consiglio comunale. Opera pubblica, anch’essa regolamentata dalla medesima legge del1939 che supera i vincoli dei Piani regolatori e le normative locali.
La difesa di Marco Vincenzi (“Quel muro è stato autorizzato dal ministero, noi non potevamo farci nulla come amministrazione”) è apparsa debole e contraddittoria (“decise l’Ardis” (Agenzia regionale per la difesa del suolo, oggi liquidata, ndr), con qualche puntata nel paradosso (“quindi rivolgetevi alla Regione”, omissis: ossia a me stesso). Oltreché non in sintonia con i giudizi espressi al tempo della costruzione. Quando Nello Paolacci, presidente del comitato di quartiere, si dichiarava soddisfatto dell’opera: “Imbriglieremo l’Aniene grazie al muro” dichiarò nell’intervista a un periodico locale. Né con la successiva richiesta di riperimetrazione del vincolo idrogeologico. Revocata da Giuseppe Proietti.
Al quale l’inaspettata “sollevazione” popolare seguita alla sua “delibera delle cannucce” ha creato più di un disagio. Positiva la successiva decisione di utilizzare uno studio di fattibilità per avviare l’opera di smantellamento, sostantivo che per la prima volta appare in un atto del Comune di Tivoli. Non certo quella di comunque alberare l’area. 15mila euro stanziati per il primo, 75mila per l’altra. Una disparità – se si tiene in evidenza il vero obiettivo – sulla quale le riserve e le perplessità sono più che legittime.
Un incontro utile, persino necessario visto che i cittadini di Villa Adriana intervenuti hanno fissato il calendario delle priorità – in testa: l’abbattimento del muro – e ribadito la richiesta di accertare le responsabilità e le colpe. Un capovolgimento che ha sconcertato i promotori e in qualche misura anche Marco Vincenzi. Contestato in casa, contestato in Regione (la nomina a presidente della commissione Bilancio ha sollevato un vespaio, in particolare dei grillini; che hanno chiesto la convocazione della commissione antimafia). Un periodaccio quindi. Che non sembra destinato ad un arresto immediato.
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