di TOMMASO VERGA
SINO AD ORA, unicamente il responso dell’interpretazione “ufficiale”: “sono sei, sette mesi che non riesce a lavorare e una persona che non viene da sei, sette mesi perché non riesce a relazionarsi non può continuare a prendere le stipendio”. Perfetto. Meglio, singolare. Perché viene naturale chiedersi il motivo dell’omessa contestazione dell’assenza, perché non sia stato adottato alcun provvedimento disciplinare, perché la retribuzione sia stata regolarmente corrisposta (qualcuno cade nell’omissione di atti d’ufficio?). Le affermazioni risalgono alla seduta del Consiglio comunale del 22 aprile, dicitore Andrea Di Palma, vicesindaco di Guidonia Montecelio, diffuse in diretta streaming all’universo mondo (da qualche anno le riunioni vengono trasmesse in tempo reale dal sito www.guidonia.org). A provocare la sua replica, le richieste di due consiglieri d’opposizione, Rita Salomone, Pd, e Sebastiano Cubeddu, capogruppo del Ms5, i quali avevano sollecitato il facente funzioni del capo dell’amministrazione, a chiarire cosa stesse succedendo nell’ufficio stampa del Comune, in particolare se rispondesse al vero il licenziamento di Elisabetta Aniballi (nessuna omonimia, è la persona che ha subito l’attentato alla sua auto un anno fa).
Sì, la sostanziale risposta. Che poteva arrestarsi lì avrebbe dovuto suggerire il buon senso. Il “rapporto fiduciario” che regola la dipendenza tra la giornalista e il sindaco (già, ma chi è? Rubeis o il facente funzioni?) è venuto a mancare, quindi distinti (non certamente “cordiali”) saluti. Invece si è voluto strafare. E adottare una motivazione disciplinare: lei non viene al lavoro, dobbiamo essere conseguenti.
Il fatto è che nulla corrisponde, il timbro del cartellino sta lì a dimostrare che l’assenza è parto di fantasia, sulla cui natura ben si sospetta l’origine. Che però concerta con il Consiglio comunale d’una città nella quale nessuno ha obiettato alcunché. A cominciare da un’osservazione di metodo sul dibattito: pubblico. Che non si poteva svolgere, oltretutto in diretta tv. Perché trattandosi di addebiti a un dipendente dell’ente, la riunione doveva proseguire a porte chiuse, con telecamere spente. Nessuno ha invocato la “clausola di riservatezza”, a cominciare dal presidente del Consiglio (ex: si è dimesso ieri l’altro), avvocato Aldo Cerroni, per proseguire poi con gli eletti presenti.
Il seguito appartiene al surreale. Perché ai consiglieri non è nemmeno passato per la mente che la figura di Aniballi nei mesi (sei, sette) incontrata negli uffici – in particolare il suo –, interpellata, interrogata e quant’altro attiene alla funzione, non era un ologramma ma in carne ed ossa proprio la responsabile dell’ufficio stampa. Di Palma ha così potuto tranquillamente concludere il suo intervento, aggiungendo persino una nota di umana pietà – almeno tale, non riuscendoci, si presume volesse apparire –: “è una valida giornalista, probabilmente lei più di noi ha subito la vicinanza di Eligio e io la comprendo”. Insomma, venendo meno la “vicinanza” dopo l’arresto del sindaco Eligio Rubeis, lei è impazzita, ha assunto le sembianze d’una parassita-rubastipendio. La cura è il licenziamento. Diagnosi e terapia d’uno psicoterapeuta pervaso da umana pietà.
Superfluo qui dilungarsi nella elencazione dei possibili reati individuabili. Sono tutti descritti nella denuncia-querela contro Andrea Di Palma che Elisabetta Aniballi ha depositato il 23 aprile presso la Procura della Repubblica di Tivoli. Otto pagine e 12 allegati (compreso il dvd con la registrazione delle dichiarazioni del vicesindaco per le quali si richiede il sequestro del video originale). Mentre merita attenzione un altro aspetto del “caso”.
Benché non abbia ancora ricevuto nessuna comunicazione ufficiale dal dirigente amministrativo del personale dell’ente, Elisabetta Aniballi è stata licenziata. Informata che il rapporto di lavoro ha subito tale radicale modifica dal parziale venir meno dell’accredito della retribuzione del mese in corso. Avvenimento che cade durante il periodo di assenza dal lavoro per malattia. Iniziata il 2 marzo 2016 e che prosegue. Anche su questa materia un giudice deciderà se è “legale”.