di TOMMASO VERGA
IN GIOCO 14-15 MILIONI. E’ la somma che ballando tra un’interpretazione e l’altra può risultare determinante per le sorti delle finanze (ed anche delle rappresentanze politiche) di Guidonia Montecelio. Tutto affidato da una parte a un incontro svoltosi in queste ore tra la “direzione centrale della Finanza locale” del ministero degli Interni con il primo cittadino, l’assessore e la segretaria generale; dall’altra dalla accettazione delle deduzioni del Comune. Si profila una fase ulteriormente accidentata per Michel Barbet a Palazzo Matteotti.
La questione all’ordine dei colloqui riporta al capitolo “debiti fuori bilancio”. Nell’elenco dei quali, i commissari prefettizi insediatisi all’indomani dello scioglimento anticipato del Consiglio comunale, hanno inserito la cifra di cui sopra. Un errore, un calcolo sbagliato, una interpretazione della normativa, un tentativo – estremo, perché no? – di evitare il dissesto, quale che sia l’origine e la motivazione, questo l’accaduto.
Che però ha il “difetto” di risalire all’anno finanziario 2016. Stando a un meccanismo basato su codicilli, leggi, commi e rimandi – del quale facciamo grazia a chi legge – i 14-15 milioni non potevano essere computati nel piano di risanamento pluriennale mentre il commissario o il nuovo Consiglio comunale avrebbero dovuto approvarli a se stante. Ovviamente senza costrutto alcuno visto che in nessun modo il Comune avrebbe potuto operare in direzione di una estinzione. Con quali fondi?
Ne è risultato che è stato proprio il ministero a fissare l’ultimatum: entro trenta giorni il Comune di Guidonia Montecelio deve “sanare la ferita”. Non provvederà? Dichiarazione di dissesto finanziario. Un atteggiamento inaccettabile per un verso – una severità sconosciuta nel passato recente verso chi ha inferto colpi decisamente più gravi, di qui le ricadute odierne sulle finanze comunali -, inverosimile per l’altro, nel quale la forma fa a pugni con la sostanza. Perché, se il mancato ossequio all’ingiunzione comporterà l’inevitabile dissesto “ufficializzato” delle finanze cittadine, non si capisce il beneficio che ne trarrebbero le casse pubbliche.
Stando ai fatti, secondo l’ente locale tutto si racchiude in lacune procedurali di scarsa entità a parere degli uffici comunali, dovute, appunto, ai commissari, in relazione alle quali sarebbe stata già inviata la risposta, una documentazione integrativa che dovrebbe chiudere ogni eventuale, futuro contenzioso. Si vedrà quanto soddisfacente per il ministero.
Per completezza, la legge definisce un Comune in dissesto finanziario quando “non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili” oppure quando “esistono nei confronti dell’ente locale crediti di cui non si possa far validamente fronte”. In pratica, a tutti gli effetti, una dichiarazione di fallimento.
La differenza con il pre-dissesto è la maggiore gravità della situazione. In questo caso, i Comuni possono presentare un piano di risanamento alla Corte dei conti con alcuni margini di manovra. Viceversa, con il dissesto, le misure correttive, tipo l’aumento di tutte le aliquote, scattano automaticamente. Ma anche limiti di gestione. Come, ad esempio, il ricorso a nuove assunzioni.
Il concorso copia-incolla con “effetto clessidra” – La Cgil: “Tutto all’Anac e alla Corte dei conti”
Divieti che potrebbero salvare il sindaco dal dilemma “due sedie dirigenziali” da occupare. Passando al passato prossimo un “concorso”. Che già per sua natura si presta. Ma che a Guidonia Montecelio risalta per il suo aspetto paradigmatico (“da oggi cambia tutto”). Il “non si può” salverebbe così dalla urgente necessità di revocare le decisioni positive riguardanti i due incaricati.
Il che eviterebbe altresì alla giunta, al sindaco, all’apparato pentastellato di ingaggiare un braccio di ferro con protestanti titolati. Si passa dal “fuoco amico” di partecipanti alla gara alla Cgil funzione pubblica. La quale direttamente minaccia, se la revoca non avverrà entro dieci giorni, di rivolgersi all’Anac e alla Corte dei conti. Un verdetto sfavorevole non c’è dubbio che avrebbe pesanti ripercussioni sulla navigazione politica e amministrativa (e contabile)?
Solo una considerazione. Su “articolo 110” servizi sociali-cultura – attinenze? lasciamo stare… semmai una riconferma del principio che per l’amministrazione pubblica di questo paese “con la cultura non si mangia” -. Da gennaio 2016 il dirigente c’era ma rimosso sei mesi fa e sostituito da Marco Alia, comandante dei vigili urbani. Il perdente, Corrado Cardoni, assurto ad articolo 110 grazie al non-concorso (cfr: sentenza di rigetto del Tar-Lazio a proposito dell’istanza della futura assessora Romina Polverini) indetto dal facente-finzioni Andrea Di Palma (degli arrestati del 20 aprile 2017 l’unico rimasto in galera). Tra i sottoposti, Domenico Nardi. Un giro di clessidra ed ora il dirigente è lui con l’altro nelle retrovie.
Tutti e diciotto abili, cinque arruolati
Come si è giunti al traguardo? Erano 18 i pretendenti, tutti idonei ha stabilito la commissione esterna incaricata di esaminare le domande. Cinque più idonei degli altri visto che Barbet li ha convocati a colloquio e tra questi ha scelto il prescelto. A fine agosto (immaginarsi la cagnara se il primo cittadino fosse nato sotto altre stelle).
Perché le modalità con le quali si è decisa la procedura, non potevano che produrre risultati analoghi a quelli ottenuti da Di Palma a fine 2015. Allora si decise di “privilegiare le conoscenze del personale già in servizio e le competenze relative alla macchina amministrativa”. Cardoni e Angelo De Paolis i prescelti. Ora – escluso il “blocco” sulle persone – l’andamento è apparso sostanzialmente analogo. Valeva per la giunta passata (alle cronache giudiziarie) vale per quella presente. Un brutto copia-incolla.