di TOMMASO VERGA
NESSUN PLAUSO, NESSUNA adesione. Primo: perché, in quanto retrocessione – al commercio: vuoi vedere che serve un piano regolatore degli orari dei negozi? –, il trasferimento di Paola Piseddu è un’azione punitiva; secondo: ammessa la giustezza della motivazione – “potenziale conflitto di interessi” –, sarebbe occorso un immediato stop dell’attività, subito, all’indomani del “via libera” al piano integrato della famiglia Faroni nelle aree della casa di cura “Ini-villa Dante”, ma soprattutto a quello di zona, contiguo – sono tutti al Bivio di Guidonia – di Bartolomeo Terranova: 126mila metri quadrati pari a 80mila metri cubi di cemento della “Satema srl”, tra via Roma e l’istituto “Pisano”.
Cronaca-riepilogo. E spiegazioni. A maggio, Paola Piseddu stoppa diciotto tra piani e progetti edilizi. Manca il parere della sovrintendenza al paesaggio. Invia tutto in Regione. La quale, stando a quanto si sostiene in Consiglio comunale e in commissione urbanistica ha pure risposto – le carte qualcuno dovrebbe averle ma non le mostra –. Confermando che la (ex) dirigente dell’assessorato ha ragione. Il parere obbligatorio manca, costruire non si può. Alla buonora. Visto che, quando ha esaminato le carte, nei tempi prescritti (oppure senza averlo fatto, rilasciando il benestare tramite il “silenzio-assenso”), nella Pisana mai nessuno s’è accorto delle irregolarità.
Tornando al blocco dei piani e al parziale “via libera” interessante soprattutto Bartolomeo Terranova, l’addebito alla dirigente riguarda uno dei “bracci” del finanziere di Tor Lupara-Fonte nuova, ossia Alessandra Piseddu, architetto (suoi gli interni degli edifici terranoviani), sorella di Paola. Di qui il “potenziale conflitto di interessi” sollevato da Michel Barbet, il sindaco 5stelle. Rilevato non – in quanto portatore di una sicura logicità –, all’indomani dell’annullamento del divieto, ma adesso. Decisamente fuori tempo massimo.
Tempo durante il quale almeno due questioni sono entrate nell’agenda dell’urbanistica cittadina. Intanto, la protesta dei professionisti contro il Comune, sostanzialmente accusato di non porre “limiti” a Paola Piseddu: “disfunzioni e criticità che quotidianamente i tecnici riscontrano nell’operare con l’AREA IV (Urbanistica ed Assetto del Territorio)” si leggeva nella nota inviata a Giuseppe Marani, il commissario prefettizio, a metà dicembre 2016.
Si comincia con le proteste dei professionisti contro la dirigente dell’assessorato
Un esposto a tutto tondo del Collegio provinciale dei Geometri e geometri laureati di Roma, il quale, a firma del presidente Bernardino Romiti, lamentava “il grave deficit di efficienza di detto ufficio, acuitosi con il tempo, dovuto all’assenza di quelle linee di indirizzo sia politico che tecnico, necessarie per disciplinarne l’iter operativo. Quanto lamentato può essere sintetizzato nell’attuale disorganico sistema di gestione delle varie istanze edilizie, che porta al mancato rilascio di permessi di costruire, autorizzazioni, certificazioni che, tra l’altro, a volte risultano già istruiti e completate, sia come adempimenti economici che amministrativi; viene altresì criticata l’impossibilità di interloquire su argomenti specifici dell’AREA IV, con il Dirigente del settore”.
Un “eravamo abituati così” al quale i professionisti non hanno rinunciato dopo l’ingresso dei 5 stelle in municipio. Tutt’altro. Tanto che geometri, ingegneri e architetti di Guidonia Montecelio per non interrompere il rosario si sono costituti in associazione, nominando al vertice Maurizio Lotti, Udc, vecchia conoscenza della politica cittadina, un alfaniano doc alla pari dell’amico Michele Pagano e di Andrea Di Palma.
Ora, non v’è dubbio che sotto il profilo finanziario e del mantenimento gli impegni verso i clienti, il blocco delle costruzioni stia creando problemi alle professioni e ai costruttori. Ma appare veramente “di stampo guidoniano” accusare di cattiva gestione il dirigente che intende ripristinare il rispetto delle regole – si chiama “legalità” – e liquidare il meccanismo imperante.
Non si vuol dire che ai lai degli edili corrisponde l’“esautoramento” della Piseddu. Che però non ha avuto diverso riscontro dopo la redazione dell’ultimo dossier (foto sul titolo). Cinque anni di gestione dell’Urbanistica sono lì, senza veli. E Barbet una decisione la deve pur prendere. Se una concessione edilizia risulta irregolare la terapia non può che venire dalle ruspe (hinterlandweb del 20 ottobre). Stesso orientamento dei partiti di opposizione. Che in una interpellanza chiedono (al sindaco; di rispondere in aula) cosa si intende fare a fronte di tale descrizione.
Un incarico rinnovato a metà ottobre con scadenza 31 dicembre: perché l’anticipo?
La decisione, va sottolineato, “soffre” anche di una ulteriore stridente contraddizione. Risale a un mese fa, al 12 ottobre, la conferma di Paola Piseddu al vertice dell’Urbanistica. Il decreto del sindaco è il n. 91892, la scadenza dell’incarico il 31 dicembre. L’anticipo di un mese appare motivato da una urgenza misteriosa, quasi dovuta a fatti sconosciuti, ad accadimenti che non debbono essere resi pubblici. Non proprio un bel fare e un bel vedere.
Grande come una casa (ovviamente…) l’interpretazione politica. Perché, trattandosi di calcestruzzo e mattoni, Michel Barbet avrebbe dovuto procedere con moltissima maggior cautela. Perché l'”arma” del conflitto di interessi potrebbe rivelarsi quella del contrappasso personale. Non si dimentica infatti la polemica sul proprio datore di lavoro, l’Ance (l’associazione dei costruttori edili), che ha preceduto la sua elezione, né la relazione tra l’allontanamento di Paola Piseddu dall’Urbanistica e le recentissime richieste – spesso urlate – degli addetti ai lavori. Vero, tutto depone a favore del “conflitto di interessi”. Basta intendere quali.
A seguire, dal contenuto delle motivazioni, sarebbe esclusa l’ordinanza firmata Piseddu di abbattimento dei loculi del cimitero di Montecelio costruiti dal “Consorzio Comor” di Innocenzo Morasca (60 giorni di tempo per contestare, ricorso al Tar, tre gradi di giudizio… si vedrà), al contrario della faccenda sulla trasformazione di un terreno da agricolo in industriale. Variante di Prg che sarebbe stata respinta dalla dirigente.
Non se ne sa di più quindi si procede a tentoni. Iniziando dalla domanda-madre: ma a Guidonia Montecelio dove è la zona, libera inoltre, che si presta? Salvo una non ce ne sono più: estremo lembo di Tavernelle, a ridosso del Centro agroalimentare.
Si può sbagliare, naturalmente, però quella superficie ha già attirato le attenzioni del Comune. Tanto che ne fu deciso l’utilizzo il 25 giugno 2015, a cinque giorni dalla scadenza delle richieste di contributo all’Unione europea. Destinazione, un neologismo sicuramente acquisibile – “ecopolo produttivo” – ma di indeterminato riscontro. Che dev’essere naufragato, tanto da suggerire la conversione ad altro.
Si tratta di un terreno diviso tra quattro proprietari, 155 ettari che vedono insieme (si legge nella delibera della giunta Rubeis di due anni mezzo fa) Terranova-Donati (58,2920 ettari), Ansini-Santarelli-Del Fante (24,4532), la Asl di Tivoli, la Rm5 (72,4309). Che però non ne sa niente. Né ha mai deliberato di cedere-affittare-rendere disponibile quell’area.
Rifiutarsi di rendere utilizzabile un terreno in assenza di un chiaro prospetto, a cominciare dalla definizione della persona giuridica che ne risponde, è certo un conflitto. Minore il conflitto maggiori gli interessi. A Guidonia ci si è abituati.